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Con Google una buona SEO non richiede superpoteri

L’indicizzazione su Google non richiede lo sforzo di lettura dei fondi di tè che molti credono, né il tempo passato a cercare scappatoie per ingannare il motore di ricerca. Richiede in primis la conoscenza del meccanismo secondo cui Google opera e in secondo luogo, non per ordine d’importanza, la necessità di puntare in una precisa direzione: quella di massima qualità del contenuto nei confronti dell’utente.

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Come spesso succede in ambito giuridico, il legislatore legifera e a seconda di come spira il vento delegifera e rilegifera. Penelope faceva e disfaceva la tela, il governo ha giocato allo yo-yo con i limiti fiscali che obbligano le S.r.l. alla nomina dei revisori e dei sindaci, definiti dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza pubblicato lo scorso gennaio in Gazzetta Ufficiale.

Con Google una buona SEO non richiede superpoteri

L’indicizzazione su Google non richiede lo sforzo di lettura dei fondi di tè che molti credono, né il tempo passato a cercare scappatoie per ingannare il motore di ricerca. Richiede in primis la conoscenza del meccanismo secondo cui Google opera e in secondo luogo, non per ordine d’importanza, la necessità di puntare in una precisa direzione: quella di massima qualità del contenuto nei confronti dell’utente.


Con Google una buona SEO non richiede...

Chiunque si occupi di marketing online, sa bene qual è l’obiettivo finale da raggiungere con qualsiasi contenuto e qualsiasi azione sul Web: risalire la SERP (Search Engine Result Page). Essere visibile agli occhi di Google (molti lo agognano più di rientrare nel campo visivo di alcuni esseri umani).

Essere “indicizzato”, come ormai rientra nel gergo comune dire.

Per questo motivo sorgono come funghi metodi infallibili per migliorare il proprio ranking, tecniche SEO (o meglio, vere e proprie tattiche) rivoluzionarie.

Non fraintendete, il comportamento di Google non si basa su un qualche strano rito esoterico ma semplicemente su un algoritmo: Penguin.

Per questo motivo è sicuramente prevedibile.

È importante conoscere i criteri su cui si basano i suoi meccanismi di penalizzazione. È quindi vero che esistono degli accorgimenti che permettono di ottimizzare il più possibile il proprio sito per i motori di ricerca.

Quello che spesso sfugge però, è il fine ultimo a cui l’algoritmo di Google tende.

La grande G è un’azienda e come tale deve puntare a soddisfare la propria clientela. Clientela soddisfatta implica un prolungato utilizzo del prodotto e, di conseguenza, il mantenimento di quello che ad oggi è un vero e proprio monopolio sul mercato del Web. Quindi c’è da chiedersi: qual è il principale “cliente” di Google?

Beh, mi dispiace per chi fa del Web un business, ma è l’utente. Google, quindi, avrà sempre come fine ultimo quello di fare il meglio per l’utente. Ovvero, renderlo felice. Va bene dunque studiare tecniche SEO basate sul funzionamento di Penguin, ma quello che può dare una marcia in più a livello di ottimizzazione, è capire le reali finalità del motore di ricerca e agire di conseguenza, puntando al risultato sul lungo periodo.

Per garantire l’ottimizzazione del proprio sito bisogna capire il criterio che Google utilizza per “premiare” o “penalizzare” i siti Web: il fine ultimo del motore di ricerca è andare incontro alle esigenze dell’utente.

 

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La migliore delle tecniche SEO: ragionare come Google

Bene dunque, a Google interessa per primo l’utente. Non tu, la tua azienda e il tuo bisogno di scalare la pagina dei risultati. Partendo da questo assunto, possiamo trarre due importanti conclusioni, che potranno aiutarti al pari delle più valide tecniche SEO esistenti:

1. Fare l’interesse dell’utente premierà anche te

Come si è detto, le tecniche SEO si basano sulla conoscenza dell’algoritmo di Google. Penguin però, è un’entità in costante aggiornamento.

Google infatti predilige meccanismi di automazione come il machine learning. Tramite questi, punta costantemente al miglioramento delle problematiche riscontrate.

Agire unicamente basandosi sull’attuale funzionamento dell’algoritmo, quindi, può essere limitante. Quello che prende in considerazione oggi, potrebbe essere diverso da quello che prenderà in considerazione domani.

Proprio per questo, conoscere l’interesse principale del motore di ricerca può diventare una buona arma per garantirsi l’indicizzazione: Google si muoverà sempre nella direzione dell’utente e così devi fare tu. Una strategia che punti quindi al lungo termine tenendo sempre a mente la user-centralità, sarà più adattabile ai cambiamenti futuri dell’algoritmo. Perché sulla carta ne condividerà l’obiettivo, pur avendone uno quasi complementare (ovvero fare il proprio bene, risultando il più visibile possibile sul motore di ricerca);

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2. La “Legge” di Google NON è uguale per tutti

La penalizzazione di Google non ha esattamente il funzionamento che molti credono. Poiché per rimanere la prima scelta dei consumatori deve andare incontro alle loro esigenze, la scelta di penalizzare alcuni siti passa necessariamente da una valutazione di convenienza e di opportunità.

Quando l’utilizzatore medio digita una parola chiave nella barra di ricerca, non pensa certo a tecniche SEO o all’indicizzazione. Se ricerca la parolaNike è perché vuole essere ricondotto al sito dell’azienda. Questo si aspetta di trovare e questo Google deve fornirgli. Anche qualora Nike avesse una pessima politica SEO o utilizzasse metodi poco raccomandabili come servirsi di link a pagamento, sarebbe un vero e proprio suicidio per Google non far comparire il sito ufficiale come primo risultato nella SERP.

Non cambieresti anche tu motore di ricerca se digitando il nome di un marchio di grande richiamo non fossi direttamente ricondotto alla sua home page?

Ecco dunque che la “legge” di Google non è uguale per tutti: Penguin viene programmato in modo da “chiudere un occhio” su questi episodi qualora riguardino siti che godono di un alto domain rank.

Con questo non voglio certo dire che Nike si serva di link a pagamento per assicurarsi la visibilità (anzi, il suo è proprio il tipico caso in cui non ce n’è bisogno). Piuttosto voglio sottolineare come quando si parla di una grande mole di traffico, eventuali campagne spam di sabotaggio da parte dei competitor (che potrebbero pensare di svantaggiare i propri rivali facendoli apparire “scorretti” agli occhi di Google) o tecniche SEO di dubbia efficacia, contino fino a un certo punto;

Pensare come Google è la migliore delle tecniche SEO: non potendo prevedere come cambierà il suo algoritmo, agire nell’interesse dell’utente è una buona strategia a lungo termine per assicurarsi la “benevolenza” di Google. Stessa cosa per le penalizzazioni: proprio per la necessità di incontrare le esigenze dello user, non sempre funzionano come ci si aspetta.

 

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Tecniche SEO e Google: fare i furbi non serve

Uno degli errori più commessi da marketer, SEO expert (non poi così “expert”) e chiunque possa aver voce in capitolo di tecniche SEO e indicizzazione, è quello di cercare di aggirare il funzionamento dell’algoritmo di Google.

Se anziché muoverti nella direzione in cui le esigenze di visibilità del singolo sito incontrano quelle del motore di ricerca, ti focalizzi su come trovare il metodo meno impegnativo possibile per regnare sulla SERP, Google ti punirà. Perché se c’è una cosa che Google non ama è essere preso in giro.

Ci sono quindi delle sedicenti “tecniche SEO” che possono risultare non solo inutili, ma addirittura dannose. Rilevando alcuni comportamenti scorretti, infatti, Google finirà per penalizzarti relegando il tuo sito nei meandri della SERP.

Ecco dunque cosa non fare per assicurarsi il benestare dei motori di ricerca:

1. Non “costruire” la tua rete di link su terreni scoscesi

Il link building è diventato uno dei passaggi più utilizzati per ottimizzare i siti Web. Si tratta di costruire (come il termine evoca) una rete di backlink che favoriscano il proprio sito agli occhi di Google.

Il motore di ricerca, tenendo in considerazione il parere degli utenti, tende a premiare i siti che ottengono le maggiori “citazioni” da parte di altri utilizzatori del Web. Ciò non significa però, che Penguin sia stupido.

Innanzi tutto l’eccesso non è mai visto di buon occhio da Google. Un abuso di link che riconducono allo stesso sito attirerà quindi la sua attenzione in negativo. Il motore di ricerca, inoltre, per eccellenza tenderà a premiare i link che siano logico-semanticamente collegati al sito che li utilizza e all’anchor text scelto. In poche parole, saranno utili alle tue politiche SEO solo i backlink che Google giudicherà attinenti alla tematica trattata dal tuo sito e alla natura del sito che vi rimanda.

Per questo motivo sono altamente sconsigliate tecniche di link building basate su link a pagamento. Ci sono soggetti che millantano la possibilità di migliorare la tua posizione nella SERP acquistando un certo numero di link.

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L’obiettivo è piazzarli su siti con un più alto traffico e un domain rank superiore. Niente di più sbagliato: i siti con un grande peso in termini di traffico tendono a utilizzare link nofollow, ovvero quelli che non vanno a incidere sulla SEO della pagina in questione. Addirittura, anche l’uso di tecniche SEO più blande, come ad esempio quella dei “guest writers” (del tutto lecita), può non essere efficace. Non è difficile per il motore di ricerca risalire a chi siano coloro che ne usufruiscono e quindi dare un peso diverso al link utilizzato.

2. Non riciclare domini scaduti

Per lo stesso principio, comprare a basso prezzo domini scaduti pensando di utilizzarli come bacino per l’inserimento di link che rimandino al proprio sito, non è cosa saggia. Google sa benissimo che i marketers attuano questa operazione. Sa benissimo che talvolta l’obiettivo è creare un intero network di blog che alimenti un sistema di backlink a loro indirizzati.

È quindi in grado di rilevare il fenomeno e non solo di penalizzare il sito linkato, ma di svalutarlo totalmente. E una volta entrati nella blacklist di Google, è difficile uscirne. Non ci sono tecniche SEO che tengano.

Al di là di tecniche SEO applicate in modo valido o meno, c’è una cosa che spazientisce Google più di ogni altra: chi tenta di aggirarlo. Evita quindi link a pagamento e sistemi di siti fasulli che vadano ad alimentare la tua rete di backlink. Vedrai, alla lunga sarai premiato.

Conclusioni

I marketers di tutto il mondo con le loro azioni sul Web puntano a un unico risultato: ottenere visibilità da parte di Google. Per questo motivo adottano tecniche SEO basate sul funzionamento di Penguin, l’algoritmo di Google. Se fatto con criterio, questo è sicuramente un buon modo per puntare all’ottimizzazione del proprio sito e alla scalata della SERP.

Quello che però può tornare utile sul lungo periodo è ragionare come Google: a cosa tende in ultima analisi Penguin e un qualsiasi aggiornamento a esso connesso? Ad incontrare le esigenze dell’utente.

Fare adeguate considerazioni intorno a questo fatto e muoversi in una direzione volta al “benessere” digitale dell’utilizzatore sono sicuramente metodi che possono garantire facilità di adattamento a qualsiasi modifica dell’algoritmo di Google.

Allo stesso modo, bisogna fare attenzione alle scorciatoie: se c’è una cosa che Google non ama è che lo si consideri “ingannabile”.

 

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