Come anticipato nella parte precedente, l’anno 2019 si prospetta ricco di sbocchi e di novità per gli addetti ai lavori: un UX designer che voglia mettersi alla prova, può veramente sbizzarrirsi, arrivando a esplorare campi che fino a oggi non avrebbe certamente contemplato.
Sperimentazione e, nello stesso tempo, definizione del proprio ruolo sono le parole chiave per la vita lavorativa di questi professionisti: lo sviluppo di strumenti sempre più specifici, rende ormai ben evidente il confine, fino a questo momento un po’ sfumato, tra la figura dell’UX designer e quella del Web Developer. I due sono infatti facce di una stessa medaglia, architetti e ingegneri del mondo informatico. Un UX designer con nozioni di base di programmazione o un Web Developer con conoscenze di design non possono più, singolarmente, essere all’altezza delle aspettative legate a un incarico tipo. Si tratta di figure ben distinte e per motivi diversi fondamentali, la comunicazione tra le quali, durante le fasi di sviluppo di un prodotto, riveste primaria importanza. Tanto che c’è chi ha ipotizzato di dar vita a uno spazio che funga da punto di incontro e di collaborazione tra le parti.
Una volta chiarita l’identità del profilo di un UX designer di ultima generazione, è il momento di proiettarsi verso le sfide che lo attendono nel corso di quest’anno: esiste un campo di battaglia aperto fondato sulla definizione dell’approccio migliore nei confronti delle nuove realtà a cui si rivolgerà il mondo IT durante il 2019. Che la sfida abbia inizio!
Quali sono le specifiche professionali di un UX designer? Quali i nuovi campi di applicazione delle sue competenze? Nel 2019 ci si apre alla sperimentazione e, grazie allo sviluppo di numerosi campi fino a questo momento rimasti inesplorati, alla possibilità di proporre idee innovative.
Le partite aperte del 2019 per l’UX designer
La questione spinosa, per l’UX designer del prossimo futuro, sarà proprio conciliare l’ideazione di una User Experience soddisfacente con lo sviluppo di tecnologie sempre più inclusive e “reali”. Per capire meglio che cosa dovrebbe preoccuparvi se siete professionisti del settore o affascinarvi se ne siete utenti, di seguito una panoramica sulle principali attrattive:
1. Il dominio dei sensi
La latitanza di pulsanti, che ormai caratterizza qualsiasi dispositivo tecnologico, rende necessario ricorrere ad altre modalità di input. Ci si rivolgerà quindi a entità diverse dal senso del tatto: la più immediata e di facile impiego è la voce.
Si parla quindi per il 2019 di un forte sviluppo del Voice Control: una manna dal cielo per i nemici del correttore automatico. Le tendenze high-tech si muovono in questa direzione già da tempo: il 41% degli adulti e il 55% degli adolescenti affermano di fare uso di comandi vocali e pare che nei prossimi anni anche la ricerca sul Web si sposterà su questo fronte. Attualmente il controllo vocale trova fortunata espressione nella neonata domotica e nell’utilizzo degli assistenti virtuali, ma l’ingegno degli UX designer dovrebbe concentrarsi su come adattare a questa modalità di input la User Experience relativa a dispositivi finora utilizzati manualmente.

3D Touch di Apple: primo tentativo di Gesture Control
Altra questione è il Gesture Control. Se il controllo vocale costituisce una sfida per gli UX designer, quello legato alla gestualità richiede quasi un miracolo da parte loro. Per il momento infatti i campi di applicazione di questo tipo di tecnologia sono scarsi, per non dire inesistenti. Un pallido antenato del controllo gestuale è il 3D Touch proposto da Apple qualche anno fa e, come sappiamo, miseramente fallito. Pensare alla sostituzione del classico Typing… con un Gesturing… è qualcosa di inconcepibile e nello stesso tempo rivoluzionario. E, in realtà, è anche qualcosa di realizzabile: grazie allo sviluppo e all’affinamento dell’approccio WYSIWYG (What You See Is What You Get), che permette di trattare la costruzione di pagine Web bypassandone la codifica, sarebbe possibile per un UX designer progettare un linguaggio gestuale e testarlo in tempo reale.
Il vero problema sta proprio qua: come creare un linguaggio utilizzabile che sia anche universalmente riconosciuto? Io una proposta ce l’avrei… in fondo, in Italiano, esiste già.
L’input tramite pulsanti e tasti diviene ogni giorno più obsoleto: nei prossimi anni ci si avvierà verso l’adozione di altre tipologie di controllo. Le più papabili sono il Voice Control, che già sta trovando impiego grazie alla domotica e agli assistenti virtuali, e l’avveniristico Gesture Control.
2. Tra il Reading e il Listening c’è di mezzo il Watching
Nel mondo del Web dove l’immediatezza è tutto, ci si annoia con poco, e si presta attenzione a nulla, sicuramente la modalità Video è la più adatta a far permeare la maggior parte dei messaggi. Ad oggi, infatti, l’80% del traffico su Internet è rivolto alla visione di contenuti video.
Cosa può fare un UX designer in questo campo? Innanzi tutto rendere “l’esperienza” video più utile e accattivante per l’utente: già l’inserimento dei sottotitoli per rendere la fruizione più agevole e conciliabile con altre attività (a riprova della rapida discesa della soglia dell’attenzione nell’utente medio) sono riconoscibili attività di miglioramento della User Experience. Un ulteriore passo è sicuramente volto a trasformare quelli che sono video fini a sé stessi in qualcosa di più coinvolgente e completo. Per questo si ipotizza la nascita di una vera e propria branca dell’UX design, ovvero quella dei Video design.

La sfida dell’UX designer: rendere i video ricercabili
In ogni caso, un UX designer accorto dovrebbe focalizzarsi sulla questione che risulterebbe primaria nel momento in cui i video divenissero parte integrante della User Experience: come renderli ricercabili in modo diretto? Come l’informatica ci insegna, è sempre bene sfruttare quello che si ha già a disposizione. In questo senso, quindi, si potrebbe cercare di applicare il Machine Learning agli elementi video, per fornire loro una semantica riconoscibile dai software.
3. Personalizzazione vs Customizzazione
La User Experience è sostanzialmente basata sul proporre i contenuti (e i loro “contenitori”) in modo che incontrino i gusti dell’utente e che generino in lui reazioni emotive che lo spingano a prolungarne l’utilizzo. La raccolta di dati più o meno personali risulta quindi di importanza vitale per un UX designer che voglia catturare il proprio pubblico con la magia della personalizzazione. Contenuti e forme studiate appositamente per i singoli utenti sulla base delle preferenze da essi implicitamente manifestate nell’attività svolta sul Web. Il paradiso del consumatore pigro, l’inferno del complottista.
A questo punto, però, nasce un problema: come garantire una User Experience di qualità quando non si ha la possibilità, per carenza di fondi o di seguito, di raccogliere moli importanti di dati? Ovvero, come proporre ai propri utenti una navigazione soddisfacente se non si è Apple o Facebook?
Non si può. Ma non è necessariamente un problema: la risposta sta nel cambiare punto di vista. Perché non proporre, in opposizione al concetto di personalizzazione, quello di customizzazione? Un UX designer avveduto, che si renda conto di non avere a disposizione una vasta banca dati, deve puntare a far sì che siano proprio gli utenti a fornirglieli… e farlo dando vita a un’esperienza di navigazione piacevole e appagante.
Perché un utente che può scegliere il come e il cosa, esprimendo attivamente le proprie preferenze a livello di interfaccia e di contenuti, è un utente felice. E un UX designer che abbia accesso alle informazioni necessarie per far evolvere il proprio prodotto verso la personalizzazione, lo è altrettanto.
La raccolta dati è di fondamentale importanza quando si parla di personalizzazione. Un UX designer che non abbia a disposizione una grande quantità di informazioni sull’utente medio, però, deve pensare a puntare su qualcosa di diverso: la complementare customizzazione è la soluzione ideale, poiché coinvolge attivamente l’utente, garantendo nello stesso tempo la raccolta di dati necessaria per una migliore User Experience.
4. Old fashioned: la sicurezza prima di tutto
La società potrà evolversi quanto vuole, ma non dimenticheremo mai le parole, ripetuteci per tutta l’infanzia dai nostri cari. Sarà forse per questo che sentiamo questa costante necessità di avere garantita la sicurezza dei nostri mezzi di comunicazione e di proteggere in qualsiasi modo la nostra privacy. Perché si sa, la sicurezza prima di tutto.
Effettivamente la tendenza dei prossimi anni sarà quella di digitalizzare sempre più dati sensibili: storia medica e finanziaria risultano obsolete nelle loro versioni cartacee se siamo rivolti all’ottica della creazione di Smart Cities. In scenari immaginari alla Black Mirror, poi, anche la semplice webcam di un telefono o di un pc può risultare pericolosa.

La biometrica a servizio dell’IT Security: login tramite impronte digitali
Proprio perché il problema della sicurezza informatica è così sentito dagli utenti di Internet, primo compito dell’anno degli UX designer deve essere quello di tener conto delle tecnologie applicate in campo di IT Security e migliorare l’esperienza dell’utente che vi venga in contatto. Si potrebbe pensare a un miglioramento delle interfacce di login, adeguandole soprattutto alla tendenza dell’autenticazione a due fattori (solitamente password più codice numerico ricevuto per SMS), che sarà prevalente da ora in avanti; o ancora, a una sempre maggiore integrazione della biometrica nei sistemi di sicurezza. L’autenticazione biometrica basa il login su dati biologi dell’utente: impronte digitali e scan della retina sono solo alcuni esempi. Il livello di sicurezza è più alto dei tipici metodi adottati fino a ora, anche solo per il fatto che necessitando di un campione biologico, l’autenticazione implica la presenza fisica dell’interessato. In questo caso gli UX designer devono puntare a rendere più fruibile possibile questa metodologia per l’utente, sia in termini di usabilità, sia in termini di semplicità di interfaccia.
Anche in tema di sicurezza gli UX designer possono dare il meglio di loro: le nuove modalità di autenticazione, come quella a due fattori o quella basata sulla biometrica, offrono grandi stimoli per lavorare sul miglioramento dell’interazione tra utente e interfaccia, soprattutto in termini di fruibilità.
Conclusioni
Seconda parte del viaggio nel mondo dedicato agli UX designer. Prosegue la panoramica dei campi in cui i professionisti del settore possono concentrarsi per garantire agli utenti migliori esperienze di navigazione.
Il filo conduttore delle novità del settore è l’abbandono delle metodologie tradizionali in favore di soluzioni più innovative e immediate: diversi metodi di input, dal Vocal control al Gesture control, diverse modalità di login, diverse chiavi di trasmissione dei contenuti (si punta tutto sul video).
L’UX designer deve essere pronto a studiare i cambiamenti del mondo informatico e trovare metodi ottimali per traghettare gli utenti attraverso di essi.
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