Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto legislativo n.14 del 12 gennaio 2019, in attuazione della legge n.155 del 19 ottobre 2017, si aprono nuovi scenari per la crisi d’impresa.
La norma infatti “Disciplina situazioni di crisi o insolvenze del debitore”, includendo in quest’ultimo termine un qualsiasi consumatore, professionista o un imprenditore (persona fisica, giuridica o ente collettivo) di attività commerciale con finalità lucrative o meno, esclusi gli enti pubblici.
Cosa c’è di nuovo? Quello che cambia è proprio il modo in cui la crisi d’impresa viene concepita: non più come una dimostrazione di inettitudine e un motivo di vergogna per chi ne è coinvolto, ma come evento intrinsecamente connesso al fare business e, quindi, prevedibile. Alla base del Decreto vi è infatti un intento costruttivo, di assistenza verso le aziende che si trovino in situazioni di difficoltà per determinate contingenze, che non siano ovviamente dovute a illeciti o ad azioni di legalità opinabile.
Con il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza cambia la normativa sul fallimento e la bancarotta, ma anche la loro concezione: non più eventi infamanti, ma meccanismi probabili, prevedibili e quindi… evitabili.
Crisi d’impresa tra allerta e prevenzione
Come viene applicata questa nuova filosofia? La rivoluzione parte dall’ambito semantico: eliminato il termine fallimento in favore della più politicamente corretta liquidazione giudiziale. Di conseguenza, sono stati rinominati anche tutti gli istituti che della parola fallimento o derivati si componevano.
Più nel concreto, la nuova concezione di crisi d’impresa si fonda sulla diagnosi precoce e la prevenzione: verranno messe in campo delle procedure di allerta, in grado di monitorare la situazione finanziaria dell’azienda e segnalare agli organi preposti eventuali inadempimenti nelle misure previste per rimettere in sesto la situazione.
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La fase di allerta si compone infatti di due momenti: il primo è affidato agli organi di controllo societari (revisore contabile e società di revisione), incaricati di vigilare sull’assetto organizzativo e finanziario dell’impresa e sull’andamento della gestione. Questi enti hanno obbligo di segnalare all’amministrazione fondati indizi di crisi, a seguito dei quali devono essere messe in atto una serie di misure volte ad arginare la crisi.
Accanto agli organi interni all’azienda, si muovono anche alcune organizzazioni esterne: l’Agenzia delle Entrate, l’Inps e l’Agente della riscossione sono gli organi pubblici preposti alla segnalazione di un rischio di crisi d’impresa.
Una volta ricevuta segnalazione da uno o più organi, l’amministrazione dell’impresa deve attuare una serie di misure volte alla risoluzione del problema. Qualora nei trenta giorni a seguire (prorogabili di ulteriori trenta) la risposta da parte del debitore sia inadeguata o addirittura assente, ha inizio la seconda fase: gli organi di controllo hanno l’obbligo di informare l’OCRI (Organismo di composizione della crisi) per imprese diverse da quelle minori, oppure l’OCC (Organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento) nel caso di imprese minori e di fornire loro tutta la documentazione necessaria per esaminare il caso.
L’OCRI gestisce la fase di allerta, fornendo all’azienda tre mesi di tempo (prorogabili di altri tre mesi) per risolvere le criticità tramite l’applicazione di procedimenti concordati e fa da tramite tra debitore e creditori: se non viene raggiunto un accordo tra le parti e le manovre messe in atto per arginare la crisi d’impresa non hanno esito positivo, la fase di allerta si conclude e si passa a quella di liquidazione giudiziaria.
La fase di allerta, precedente a quella che prima della pubblicazione del Decreto veniva chiamato fallimento, ha inizio all’interno dell’azienda stessa: gli organi di controllo, in presenza di fondati indizi di crisi, devono segnalare ai “piani alti” la necessità di attuare delle misure correttive. Se la risposta dell’amministrazione è inadeguata, la segnalazione viene portata ai due organi preposti alla gestione dell’allerta e al dialogo tra debitore e creditori: OCRI e OCC.
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L’IA come arma contro la crisi d’impresa
L’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa porterà con sé numerose conseguenze, prima tra tutti l’inevitabile informatizzazione delle imprese. Anche le aziende più restie all’ingresso nel mondo informatico, infatti, dovranno munirsi dei mezzi necessari per accedere ai procedimenti descritti in questo articolo e per poterne seguire gli sviluppi. Banalmente, le varie comunicazioni con gli enti preposti e le notifiche di accertamento devono avvenire tramite e-mail o indirizzo di posta certificata. L’uniformazione da caso a caso dei diversi riti speciali rende fondamentale l’automatizzazione e la telematizzazione dell’iter.
Questa è sicuramente la conseguenza più evidente, di natura più pratica.
Ma a ben guardare, possiamo intravedere un altro importante aspetto. Una normativa che ponga la prevenzione al centro dell’azione e che punti a salvaguardare la capacità imprenditoriale di coloro che vanno incontro al fallimento, pone l’accento sull’importanza del monitoraggio interno.
Programmi gestionali, di analisi dei dati, Intelligenza Artificiale e soprattutto un personale che abbia i mezzi e le nozioni necessari per interpretare al meglio quanto proposto dai software, assumono ora un’importanza notevole. Recepire il prima possibile i segnali di una crisi d’impresa può fare la differenza tra la vita e la morte di un’azienda, soprattutto alla luce di una normativa che ha lo scopo di soccorrere e di supportare prima che di eliminare e condannare.
In un contesto in cui si punta al soccorso e alla riabilitazione delle imprese in crisi, l’Intelligenza Artificiale costituisce un mezzo più che utile: il monitoraggio dell’azienda passa da gestionali, analisi dei dati e personale qualificato.
Conclusioni
Il 12 gennaio 2019 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo n. 14: Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge n.155 del 19 ottobre 2017. Tale d.lgs. è volto a disciplinare fallimento e bancarotta. Lo fa innanzi tutto introducendo un nuovo vocabolario, indice di una diversa filosofia di approccio alla questione: il termine fallimento verrà sostituito da liquidazione giudiziale, per allontanarsi dall’idea negativa che ad oggi sottende.
Si vuole infatti considerare la crisi come evento probabile e prevedibile: a questo fine il Decreto prevede l’attuazione di un procedimento di allerta: che coinvolge l’Azienda e/o enti esterni che avranno il compito di cogliere eventuali segnali di crisi d’impresa e portarli all’attenzione dell’amministrazione, invitandola ad agire a tal proposito.
Nel caso in cui la risposta abbia esito negativo (o non vengano attuate affatto misure volte alla risoluzione del problema) dall’interno dell’azienda si passa al’esterno, usufruendo dell’azione di organi preposti ad affrontare la crisi: OCRI e OCC.
Per le Aziende, sarà possibile avere sempre una panoramica chiara del proprio andamento attraverso l’utilizzo di software e Intelligenze artificiali che permettano una costante analisi dei Bilanci, prevedendo così strategie per la tutela e la longevità della propria attività.
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